Bognanco - Antrona

Difficoltà:

E

Dislivello:

1100 mt.

Sviluppo:

33 km.

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Antiche mulattiere storiche : Bognanco - Antrona

ITINERARI EMBLEMATICI CON FOCUS SUL PAESAGGIO TERRAZZATO NEI TERRITORI GESTITI DALL'ENTE DI GESTIONE DELLE AREE PROTETTE DELL'OSSOLA E AREE LIMITROFE

L’itinerario si snoda su antiche mulattiere storiche, tra le valli Bognanco e Antrona e lambendo i centri abitati di Domodossola e Villadossola.

Questo itinerario ricalca parte di tre itinerari con forte valenza storica e culturale: il Sentiero Stockalper (da Briga a Domodossola, attraverso il Passo del Monscera), la Via dei Torchi e dei Mulini (da Bognanco a Domodossola e quindi a Villadossola) e la Strada Antronesca (da Villadossola ad Antrona, e poi a Saas Alamagel e Saas Fee). Parte di questi importanti sentieri rientrano nel nostro itinerario.

Lungo queste vie storiche è possibile cogliere l'essenza dei luoghi attraversati, sia negli aspetti storico-culturali sia in quelli ambientali e della vita rurale dei tempi passati. Un tuffo nel passato che permette di leggere il paesaggio delle antiche economie agrarie di montagna grazie alla presenza di innumerevoli manufatti che raccontano arcaici modi di vivere in piena sintonia con la natura e i paesaggi aspri e ostili di queste vallate. Tra i punti d’interesse principali troviamo numerosi terrazzamenti, borgate ed alpeggi nei quali riscoprire vecchi torchi e mulini e quindi antichi mestieri e aree di culto.

L’itinerario escursionistico presenta un’estensione di circa 40 km (comprese due varianti) toccando diversi paesi, dove eventualmente alloggiare per affrontare il percorso in tappe: tra questi, i principali sono Bognanco Fonti, Domodossola, Villadossola e Antronapiana. E’ un percorso escursionistico nel quale l’unica vera difficoltà è proprio la lunghezza: si tratta infatti di sentieri a mezza costa, non distanti dal fondovalle, e quasi interamente nei boschi, con dislivelli graduali e alla portata di tutti. Agevolmente può essere percorso da famiglie, scolaresche, escursionisti esperti e ciascuno può godere del paesaggio a seconda dei propri interessi e delle proprie capacità escursionistiche.

L’itinerario si sviluppa alternando tratti su mulattiere ampie e lastricate, sentieri a mezza costa e brevi tratti asfaltati; per tutta l'interezza risulta ben segnato e di agevole accesso per i visitatori. Il percorso si snoda attraverso boschi di latifoglie misti con prevalenza di Castanea sativa, alternati a maggenghi (pascoli montani di bassa quota già disponibili in primavera). Il paesaggio è caratterizzato da piccoli borghi e alpeggi di bassa montagna, ormai quasi abbandonati, salvo che nei mesi estivi. Tra questi caseggiati si annoverano alcuni antichi torchi, un tempo utilizzati per la torchiatura delle vinacce, mulini adibiti alla molitura di cereali e terrazzamenti delimitati da muri a secco anche di ragguardevoli dimensioni. In passato questi terrazzamenti hanno rappresentato un esempio di architettura rurale per adattare l’aspro territorio ai fabbisogni umani e consentire il massimo sfruttamento dei pochi terreni atti alle colture che potessero resistere a questi climi, come ad esempio patate, grani antichi, castagni e viti. Tra gli altri elementi notevoli, che possono attirare l’interesse dei fruitori, si segnalano pregevoli testimonianze di arte sacra.

 

Proposta 1 

TREKKING DEI TERRAZZAMENTI

Questa proposta prevede la percorrenza dell'intero itinerario suddividendolo in 3 tappe consecutive: Bognanco-Domodossola, Domodossola-Villadossola (Boschetto) e Boschetto-Antronapiana.

 

TAPPA 1 La via dei Torchi e dei Mulini Bognanco-Domodossola

DATI TECNICI

Punto di partenza: Bognanco Fonti

Punto di arrivo: Domodossola Calvario

Distanza: 11 km

Tempo di percorrenza: 4h 30'

Dislivello: + 200m, - 470m; + 180m, -120m

Difficoltà: E (escursionisti)

Periodo consigliato: da marzo a ottobre

 

IL PERCORSO

Da Bognanco Fonti, appena superato il ponte sul Torrente Bogna prima di entrare in paese, si prende il sentiero D0 (Via del Monscera, percorso che in questo tratto corrisponde con il sentiero Stockalper) verso Ca’ Monsignore: in questo primo tratto di sentiero, interamente immerso nei boschi di latifoglie di bassa montagna, si incontrano diversi terrazzamenti ormai totalmente abbandonati e una volta utilizzati per l’agricoltura. Poco dopo aver superato il piccolo e caratteristico ponte in pietra sulla forra del rio Rabianca si raggiunge la località Ca’ Monsignore, piccolo alpeggio oggi abitato solamente nei mesi estivi, ove è presente uno dei tanti torchi diffusi nella zona. Da qui la vista può spaziare sui suggestivi paesaggi della media Val Bognanco. Il sentiero prosegue prima a mezza costa, incontrando terrazzamenti e vecchi ruderi di baite ormai invasi dalla vegetazione, oltre ad una serie di cappellette, per poi scendere ripido con una serie di gradoni fino al torrente che si attraversa su ponticello di pietra (Ponte Dagliano) da cui si possono ammirare spettacolari salti di roccia e giochi d’acqua. Risalendo un breve tratto ci si imbatte nell’Oratorio del Dagliano ove si può sostare sotto il porticato dell’omonima chiesa. Si continua la salita passando a sinistra della chiesa e si giunge a un gruppo di baite e proseguendo su mulattiera si giunge a Monteossolano, ben riconoscibile dalla sua imponente chiesa dedicata a San Gottardo, visibile in lontananza. Caratteristica di questo paese, oltre alla bellezza e al panorama da ammirare, è la presenza del famoso torchio, punto di particolare pregio turistico in virtù del suo eccellente stato di conservazione, frutto del paziente e prezioso lavoro della comunità locale. L’ingresso è consentito al simbolico prezzo di 1 euro e, una volta effettuato l’accesso, è possibile assistere alla proiezione di un breve documentario divulgativo e, con un’offerta libera, assaggiare il rustico vino locale. Lasciata la borgata, si prosegue su un tratto di strada asfaltata raggiungendo Pregliasca e da qui, prima a mezzacosta su strada tagliafuoco, poi su ripida mulattiera nel bosco, si scende fino a Cisore e poi Mocogna, dove su strada asfaltata si giunge a Castanedo, posto sul versante opposto della valle. Da qui su ampia mulattiera si raggiunge Vagna (Maggianigo) con molte cappelle e oratori sparsi nei boschi che narrano di una sentita religiosità popolare. Dopo un breve tratto ancora in salita si raggiunge Croppo e, prima su sentiero nel bosco, poi su strada sterrata, si arriva a Motto e alla Cappella di Marisch. Infine, su mulattiera a gradoni, si scende fino al Sacro Monte Calvario (Patrimonio Mondiale Unesco): un complesso di dodici cappelle con un apparato decorativo di statue ed affreschi coronato dal santuario ottagonale della Santa Croce. Attraverso l’ombreggiata Via Crucis, che si diparte dal santuario, si può giungere al centro storico di Domodossola, principale centro abitato nel fondovalle ossolano.

La Val Bognanco è l'unica dell'Ossola nella quale si è fatto un dettagliato censimento dei torchi. Le presse sono disposte tutte sul lato settentrionale della valle, ovvero sul versante solivo, anche perché più favorevole per la coltivazione della vite e venivano usate esclusivamente per la spremitura delle vinacce. I torchi che si sono conservati o sono stati oggetto di restauro sono situati nelle frazioni di Cisore, Monteossolano, Comparione, Pianezza, Messasca e Ca' Monsignore.

 

COME ARRIVARE

Bognanco può essere raggiunta nei giorni feriali con il trasporto di linea che parte dall'autostazione di Domodossola (nei pressi della stazione ferroviaria internazionale). Gli orari, variabili nelle stagioni, possono essere consultati sul sito www.comazzibus.com. Da verificare la presenza di trasporto di linea nei weekend, altrimenti è necessario organizzare con servizio taxi privato (auto e minivan) sempre da Domodossola.

 

PUNTI DI RISTORO

Lungo l'itinerario non sono presenti punti di ristoro fino a Domodossola, quindi l'escursionista deve essere attrezzato con le proprie vivande. Sono invece disponibili diversi punti acqua in corrispondenza delle varie frazioni attraversate, ma è consigliabile avere con sé una quantità sufficiente ai propri fabbisogni.

 

DOVE DORMIRE

In dipendenza dell'orario di partenza e al proprio allenamento, l'escursione giornaliera può prevedere il termine della tappa al Sacro Monte Calvario, con successiva discesa in città lungo la Via Crucis per raggiungere la struttura ricettiva prescelta. Oppure, giunti a Mocogna dirigersi direttamente in centro città. Numerose sono le possibilità di vitto e alloggio a Domodossola: per avere un elenco aggiornato tra cui scegliere, consultare il sito www.distrettolaghi.it.

 

TAPPA 2 La via dei Torchi e dei Mulini Domodossola-Villadossola

DATI TECNICI

Punto di partenza: Domodossola Calvario

Punto di arrivo: Villadossola Boschetto

Distanza: 8 km

Tempo di percorrenza: 3h 30'

Dislivello: + 380m, - 315m

Difficoltà: E (escursionisti)

Periodo consigliato: da marzo a ottobre

 

Risaliti al Sacro Monte Calvario lungo la Via Crucis, quindi itinerario in quota fino alla frazione Boschetto di Villadossola.

L’itinerario attraversa le frazioni alte tra Domodossola e Villadossola, sul versante destro orografico della Val d’Ossola, permettendo di riscoprire la vita contadina tra terrazzamenti, torchi, mulini e vecchi forni. Si parte dal S.M. Calvario per toccare le borgate di Anzuno, Tappia e Sogno. Per un breve tratto si segue la strada asfaltata per poi imboccare, a Crossiggia, la vecchia mulattiera che con dolce salita porta alla ridente borgata di Anzuno. Lungo questo primo tratto è possibile godere di paesaggi d’altri tempi passando tra numerosi terrazzamenti a secco ancora oggi coltivati a vitigno, con l’utilizzo delle “toppie” costituite da tipici pali di sostegno in pietra su cui poggiano orizzontalmente i pali in legno, rigorosamente di castagno, per far correre e sostenere i tralci di vite. Vitigni intervallati da verdi pascoli delimitati da grigi muri a secco che, nella stagione primaverile, si ornano di svariati colori grazie alle fioriture di piante selvatiche. Dopo un breve tratto nel bosco si raggiunge la borgata di Anzuno, paese dal notevole grado di conservazione stilistico-architettonico delle costruzioni: un intrigo di viuzze ad acciottolato, sottopassi e cortili in cui la pietra mostra tutte le sue applicazioni. Qui, fra le vecchie case, è possibile visitare l’antico torchio e il forno, quindi, poco fuori l’abitato, una serie di mulini una volta alimentati dalle acque del Rio Molini. Tra le case e lungo il sentiero alcuni pannelli descrivono il funzionamento dei torchi e dei mulini. Poco a monte rispetto ai mulini si trovava un’antica cava di pietra ollare (ormai invasa dalla vegetazione), recante ancora le sagome dell’estrazione dei cilindri di pietra da cui poi si ricavavano le pentole. Proseguendo si sale alla cappella dell’Oro, nome derivante dal toponimo classico di diverse vallate alpine che indica “orlo” ovvero un punto esposto sulla vallata, eretta in segno di pacificazione tra le comunità di Tappia e Vagna nella secolare lite per il diritto di pascolo e legnatico. Proseguendo lungo il bosco si arriva alla località Tappia, secolare borgo stretto attorno al ruscello con la chiesa dedicata a San Zeno: presenti anche qui un torchio e un forno del pane, entrambi in ottime condizioni e quest’ultimo ancora utilizzato durante la tipica festa. La mulattiera, quindi, si sviluppa a mezza costa per scavalcare profondi valloni e snodarsi lungo i fianchi del monte, tra numerosi terrazzamenti, ormai invasi da bosco, dove si possono ammirare alcuni esemplari di Castanea sativa di pregevoli dimensioni, per raggiungere infine Sogno. Appena prima di entrare nell’abitato è presente il complesso rustico di Cà’d Pera, dove è curioso notare uno strano modo di porre una fila di conci del muro nel senso opposto a tutti gli altri, ovvero in verticale: tale metodo pare fosse utilizzato per arieggiare la struttura muraria e l'interno dell'edificio, o semplicemente con scopo decorativo. Sogno è la frazione più elevata di Villadossola e certamente una delle più antiche: la sua posizione, poiché sorge su di un ripiano elevato ben difeso dagli strapiombi sulla valle, ci suggerisce l’idea di un antico castelliere. Da qui l’itinerario scende fra terrazzamenti vecchi di millenni nel sito archeologico di Varchignoli, ove sono presenti muri a secco e case con blocchi ciclopici: in questa località la preistoria di Villadossola individua le proprie radici nei segni lasciati dall’uomo sulle pendici delle montagne al tempo della prima colonizzazione di questi territori. Queste primordiali opere di bonifica testimoniano la capacità creativa di quella cultura: ad essa, infatti, vanno ascritti i muri a secco megalitici innalzati per sostenere terrazzamenti coltivabili, collegati tra loro da un complesso sistema di scale in pietra, a volte incassate, a volte aggettanti. Chiare testimonianze della fatica dell’uomo volta ad adattare l’ambiente alpestre alle esigenze della propria sopravvivenza. Tutto il sito megalitico di Varchignoli è visitabile lungo un percorso ad anello con uno sviluppo di circa 2 km, dotato di segnaletica dedicata e pannelli esplicativi che si sviluppa a monte della località Boschetto, toccando i nuclei di Casa dei Conti, Rive Lazzaro, Veia Rota, Varchignoli e Valin Bianch: esso è inteso come unico punto d’interesse con testimonianze storiche e preistoriche dell’adattamento del territorio alle necessità dell’uomo. Terminata la deviazione si scende a Boschetto, ultima località di questo tratto posta poco a monte di Villadossola, all’imbocco per la Valle Antrona, dove è possibile sostare nell’ostello oppure utilizzare il trasporto di linea per risalire la valle o per rientrare a Villadossola o Domodossola.

 

PUNTI DI RISTORO

Lungo l'itinerario sono presenti numerosi punti acqua nelle frazioni attraversate e due possibilità di ristoro: presso Agriturismo LA TENSA (deviazione dal percorso principale) e presso LA CANTINA DI TAPPIA. Da verificare aperture, orari e disponibilità prima di iniziare l'escursione. Entrambe le strutture, in ambienti tipici, propongono piatti della tradizione alpina, con particolare attenzione all'uso di prodotti locali, quali salumi, formaggi e vini.

 

DOVE DORMIRE

Giunti al termine della tappa, a Boschetto, possibilità di sosta presso l'Ostello, oppure, con trasporto pubblico di linea, trasferirsi a Villadossola oppure Domodossola per soggiornare in altre strutture ricettive. (orari bus www.comazzibus.com; strutture ricettive www.distrettolaghi.it)

 

TAPPA 3 La Strada Antronesca Boschetto-Antronapiana

DATI TECNICI

Punto di partenza: Villadossola Boschetto

Punto di arrivo: Antronapiana

Distanza: 14 km

Tempo di percorrenza: 4h 30'

Dislivello: + 450m,

Difficoltà: E (escursionisti)

Periodo consigliato: da marzo a ottobre

 

Da Boschetto l'itinerario risale tutta la Valle Antrona, tralasciando le deviazioni di visita sull'ANELLO DI VARCHIGNOLI e sulla VIA DELLA SEGALE, che insieme occupano un'intera giornata di vista.

 

Questo tratto di itinerario percorre quasi tutta la Valle Antrona, da Boschetto ad Antronapiana, centro principale della valle, percorrendo l’antica Strada Antronesca, che si sviluppa sul sentiero C00, attraversando piccoli paesi quasi sospesi a mezza costa e circondati da terrazzamenti. Le caratteristiche “toppie” attestano la coltivazione della vite sin dai tempi passati: recentemente molte di esse sono state ripristinate per una nuova produzione vitivinicola. Dal punto di sosta a Boschetto si sale lungo la mulattiera fino a Boschetto sopra, si prende poi la strada asfaltata di accesso al borgo fino al bivio con la mulattiera. Giunti alla cappella posta sul bivio per Varchignoli, si scende al lavatoio e quindi si arriva a Cresti. Qui vale la pena compiere una deviazione sulla “Via della Segale” per visitare diverse frazioni ognuna con rilevanti manufatti che manifestano l’antica presenza di un’economia montana basata sull’agricoltura e sulla pastorizia. La coltivazione più diffusa era senza dubbio quella della vite anche se ricopriva una certa importanza la segale unitamente alle patate e alla canapa. Grande importanza ebbero le miniere di ferro presenti sul territorio di Montescheno attive sin dal XVI secolo. La “Via della Segale” si sviluppa sul sentiero C04 con piccole deviazioni dentro e fuori i diversi nuclei abitati permettendo di visitare il Mulino di Montescheno, importante manufatto ristrutturato ed ancora funzionante, il forno del pane a Progno, anch’esso in ottimo stato di conservazione ed utilizzato durante la festa del pane, la borgata di Barboniga, con un forno e un torchio in buono stato di conservazione (entrambi visitabili) e infine l’incantevole paesino di Valleggia, nel quale si può visitare, oltre al caratteristico paese molto ben conservato, un altro forno del pane posto in corrispondenza dell’oratorio dedicato alla Madonna del Sangue: si consiglia quindi il rientro sullo stesso percorso fino a Cresti, con un percorso, in andata e ritorno, avente uno sviluppo di circa 6 km. Si prosegue quindi sulla Strada Antronesca fino al paesino di Seppiana, anticamente chiamata Silva Plana, ad indicare un bosco pianeggiante, anche se l’unica parte pianeggiante del suo territorio è rappresentato dai terrazzamenti sui fianchi della montagna. Imponente la chiesa dedicata a S. Ambrogio in cima al paese. Attraversato l’abitato di Seppiana ci si imbatte nelle frazioni di Camblione, San Rocco e si giunge a Viganella, ove vi è un’importante presenza di terrazzamenti ancora oggi coltivati a vigneto grazie ad un progetto di riorganizzazione fondiaria che ha permesso l’unificazione e la gestione di questi terreni per una nuova agricoltura di montagna. Viganella fu per molti anni il centro della lavorazione del ferro estratto dalle vicine miniere: nella storica torre medioevale è ospitato un piccolo centro di documentazione sull’attività estrattiva e fusoria del ferro e da cui si diparte l’anello escursionistico tematico della “Via del Ferro”. Nei dintorni si riconoscono testimonianze antiche di alcune strutture murarie di impostazione megalitica, dentro le quali furono ritrovate nicchie e grotte a falsa cupola, simili a quelle di Varchignoli. Il borgo di Viganella ospita due importanti edifici: la chiesa di Viganella dedicata alla Natività di Maria e “Casa Vanni” (Cà dul van), antica residenza di una prestigiosa famiglia di notai, caratterizzata da vasto fronte loggiato con archi e colonne in pietra. Continuando a percorrere la Strada Antronesca si giunge poi a Rivera e in seguito al paese di Ruginenta, nome che rivela l’origine di questo luogo in affinità con l’estrazione e la lavorazione del ferro. In seguito, il percorso passa dalle frazioni Prato, insediamento antico in posizione poco soleggiata, San Pietro e Madonna, che ospita un piccolo centro documentale sull’estrazione del minerale aurifero nelle miniere del vallone di Trivera; proseguendo si sale a Prabernardo e Locasca, una volta importante centro di lavorazione dell’oro, per poi deviare verso il borgo di Rovesca, famoso per il maestoso dipinto sulla facciata della chiesa di San Cristoforo. Da Rovesca il percorso conduce in poco tempo ad Antronapiana dove spiccano le cappelle della Via Crucis poste sul perimetro della vecchia chiesa distrutta dalla frana del 1642. Antronapiana sorge in una verde conca ove confluiscono i torrenti Loranco e Troncone, che danno origine all’Ovesca. Questo paese è ricco di storia e vanta tradizioni antiche e la cui economia si basava esclusivamente sulle attività silvo-pastorali; in seguito, si sviluppò fino a diventare il centro principale della valle.

 

PUNTI DI RISTORO E MEZZI PUBBLICI

Lungo l'itinerario si attraversano tutti i centri abitati della valle, con numerosi punti acqua e possibilità di sosta presso i circoli e bar locali (da verificare le aperture e disponibilità).

La vicinanza con la strada provinciale della Valle Antrona permette di accedere a numerose fermate del trasporto pubblico, utili in caso di necessità, per accorciare l'itinerario oppure per rientrare alla partenza (verifica degli orari su www.comazzibus.com). Ad Antrona, punto di arrivo del trekking, diverse possibilità di sosta e di ristoro, e possibilità di rientro con mezzi pubblici a Domodossola.

 

L'intero trekking può essere percorso in autonomia, oppure facendo affidamento ad una Guida Ambientale Escursionistica per il servizio guida : clicca qui.

 

PUNTI DI INTERESSE 

1. Torchio di Monteossolano: La macchina si presenta in ottimo stato di conservazione, è di tipo autoportante a vasca sospesa e serviva esclusivamente per la spremitura delle vinacce per la produzione del vino. Il pressoio, la parte più voluminosa, è costituito da quattro travi, due di rovere e due di larice, queste ultime aggiunte verosimilmente in un secondo tempo e collegate da bulloni e robuste regge di ferro. In corrispondenza del contrappeso in pietra, le due travi superiori ospitano la sede della vite madre. Analisi dendrocronologiche fanno risalire la sua costruzione alla prima metà del ‘700. Le travi sono state alloggiate passando dall’apertura posta nella parete ovest dell’edificio. La sua realizzazione, affidata a maestranze specializzate che si spostavano nei vari villaggi, doveva essere verosimilmente concordata a livello comunitario per le rilevati spesa da sostenere e in considerazione delle valutazioni sul suo utilizzo da parte delle singole famiglie. Il torchio beneficiava di un particolare status di diritto pubblico sottolineato dalla proprietà collettiva del locale che lo ospitava – posto non a caso in posizione centrale rispetto alle abitazioni – che ne garantiva, secondo norme condivise, il suo utilizzo e la sua conservazione.

Le travi costituiscono una leva messa in azione agendo sulla vite, determinandone l’abbassamento sul letto in legno su cui venivano accumulate le vinacce da spremere. Il peso dei grossi travi e della grande pietra incatenata alla vite è in grado di sviluppare una pressione di diverse tonnellate.

 

2. Mulini ad acqua di Anzuno: Sia a valle che a monte del ponticello sul rio poco fuori l’abitato di Anzuno si notano edifici in pietra di dimensioni ridotte, ormai abbandonati e parzialmente distrutti: si tratta di antichi mulini per la macinazione della segale. Presso questo rio erano ubicati anticamente, oltre ai mulini, anche peste per il miglio e il panìco, seghe idrauliche e vasche per la macerazione della canapa.

I mulini presentano una struttura semplice con ruota idraulica o turbina ad asse orizzontale. Tale struttura è la più diffusa in Ossola, semplice da costruire non comportando ingranaggi, ma di limitato rendimento. La ruota idraulica era costituita da una corona di pale o tazze e veniva messa in movimento dalla spinta di un getto d’acqua proveniente da un canale di adduzione; un dispositivo simile ad una paratoia, comandato dall’interno, consentiva di regolare il flusso d’acqua in entrata e quindi la velocità della ruota. Alla ruota idraulica era fissato un albero ad asse verticale alla cui estremità era fissata la macina superiore ruotante, mossa dalla ruota idraulica. Le macine venivano realizzate da un unico pezzo di pietra locale e qui se ne possono notare due con diametri di circa 130 cm. La macina inferiore rimane fissa mentre la superiore, come già descritto prima, era mobile e collegata all’albero verticale tramite branche di fissaggio. Onde poter macinare vari tipi di seme, la distanza tra le due macine poteva essere variata alzando o abbassando quella superiore mediante regolazione di una vite che condizionava la posizione del palo. Le due macine, chiuse da un coperchio in legno, erano sormontate da una tramoggia di alimentazione.

La forza motrice per il funzionamento del mulino è quindi l’acqua che facendo girare la ruota idraulica mette in funzione anche la macina superiore collegata con la ruota da un robusto pignone in legno. La tramoggia, posta sopra le macine, veniva riempita con granella ottenuta dalla battitura della segale. La forma ad imbuto convogliava il grano nel foro centrale della macina superiore fino al piano di macinazione, costituito dalla macina inferiore. La forma convessa di quest’ultima provvedeva a far scorrere la farina macinata verso il bordo esterno da dove, attraverso il foro di uscita, cadeva in un apposito contenitore, detto “buratto”.

 

3. Forno del Pane di Tappia: Il forno ha sostituito l’utilizzo, in tempi assai remoti, di pietre arroventate sul focolare per la cottura del pane. Poteva essere di proprietà privata o bene comune; di solito costituito da una piccola costruzione isolata, dove una bocca in sasso introduceva alla camera di cottura a pianta circolare e cupola in mattoni o, nei forni più antichi, in pietra. L’uso comunitario permetteva di ridurre il consumo di legna. Per la cottura del pane, il forno veniva dapprima riscaldato con la brace di legna per poi essere ripulito dai carboni e dalla cenere per mezzo di un tirabrace e di una scopa di ginestra: una volta portate a termine queste procedure avveniva l’introduzione dei pani.

Qualche cenno sulla segale: è una pianta erbacea della famiglia della Graminacee, originaria dell’Asia sud-occidentale, e pare sia comparsa in alcune regioni alpine già alla fine dell’età del ferro, diffondendosi poi ampiamente fino ad una quota di 1000 metri e anche oltre, anche grazie alla sua buona adattabilità sia ai climi rigidi invernali sia a quelli siccitosi durante l’estate, nonché alla scarsità di sostanze nutritive in alcuni tipi di terreni. Rispetto al grano la segale è più slanciata, con stelo e spiga di colore verde-azzurro quando immatura. Una volta arrivata a maturità la spiga diviene pendula con colorazione giallo oro. La segale era, senza dubbio, uno degli alimenti principali della dieta delle popolazioni alpine.

 

4. Sito Archeologico di Varchignoli: I terrazzamenti, che solitamente caratterizzano le aree agricole montane, presentano in alcune zone dell’Ossola fenomeni megalitici di notevole risalto. Essi sono presenti nella fascia compresa tra i 400 e gli 800 metri di altitudine soprattutto nell’area compresa tra le località di Sogno e Varchignoli, all'imbocco della Valle Antrona.

In questo Sito Archeologico sono presenti terrazzamenti antichi di millenni e case con blocchi ciclopici: qui la preistoria di Villadossola individua le proprie radici nei segni lasciati dall’uomo sulle pendici delle montagne al tempo della prima colonizzazione di questi territori. Queste primordiali opere di bonifica testimoniano la capacità creativa di quella cultura: ad essa, infatti, vanno ascritti i muri a secco megalitici innalzati per sostenere terrazzamenti coltivabili, collegati tra loro da un complesso sistema di scale in pietra a volte incassate a volte aggettanti. Chiare testimonianze della fatica dell’uomo volta ad adattare l’ambiente alpestre alle esigenze della propria sopravvivenza. Tutto il sito megalitico di Varchignoli è visitabile lungo un percorso ad anello dotato di segnaletica dedicata e pannelli esplicativi che si sviluppa a monte della località Boschetto, toccando i nuclei di Casa dei Conti, Rive Lazzaro, Veia Rota, Varchignoli e Valin Bianch: esso è inteso come unico punto d’interesse con testimonianze storiche e preistoriche dell’adattamento del territorio alle necessità dell’uomo.

Quattro sono gli elementi specifici caratteristici di questa zona: Muri a secco dei terrazzamenti costituiti da conci di grandi dimensioni (megalitici) costruiti utilizzando materiali spontaneamente disponibile sul territorio allo stato naturale; Scale di comunicazione tra i differenti piani di livello dei terrazzamenti costituite con grandi lastre infisse a sbalzo nei muri, oppure posate su sostegni murari addossati ai muri di sostegno dei terrazzamenti; Camere sotterranee ricavate nei muri, frequentemente ampliate nel sottosuolo retrostante, coperte da false cupole e con l’accesso solitamente incorniciato da elementi accuratamente disposti; Rete dei condotti di drenaggio in muratura che percorre tutto il sottosuolo dell’area, per poi sfociare nei torrenti sottostanti.

La coltivazione della vite, introdotta nelle valli ossolane dai primordi della colonizzazione, accompagnò l’uomo nella sua storia agricola e costituì il livello più nobile del suo lavoro. Alcuni dei muraglioni hanno, inserite immediatamente sotto i blocchi del bordo superiore, una fila di lastre con apertura circolare praticata al centro o ottenuta giustapponendo due lastre con incavo a U. Queste lastre sono analoghe a quelle che in Valle sono chiamate “palanghe” e che sono utilizzate, ancora oggi, per infilare i pali di sostegno delle viti a spalliera.

 

5. Mulino di Montescheno: Il Mulino di Sasso, frazione di Montescheno, è un edificio particolarmente rappresentativo di questa particolare tipologia di opifici, molto diffusi in Ossola grazie all’abbondante disponibilità di acque correnti. E’ stato ricostruito tra il 1915 e il 1920 in sostituzione di un precedente mulino, reso inutilizzabile a causa della realizzazione di una centrale idroelettrica sul torrente Brevettola. Esso possiede meccanismi composti da una ruota verticale e due macine indipendenti. Oggi il mulino, funzionante, assolve anche ad uno scopo museale, attraverso alcuni pannelli descrittivi e un’esposizione di antichi attrezzi utilizzati per la pratica della macinazione.

La segale è una presenza antica nelle valli alpine; per secoli è stata coltivata anche sui versanti e sui terrazzamenti della Valle Ossola, per essere poi raccolta e utilizzata per la produzione di pane ed altri prodotti alimentari. Soprattutto nelle valli laterali (Antrona, Anzasca, Bognanco) e in alta Ossola, la coltivazione della segale, affiancata ad altri cereali, ortaggi, piante da frutta e vite da vino, qui ha dato origine ad un paesaggio agricolo costituito da vasti sistemi terrazzati.

 

6. Terrazzamenti di Viganella: Vi è un’importante presenza di terrazzamenti ancora oggi coltivati a vigneto grazie ad un progetto di riorganizzazione fondiaria che ha permesso l’unificazione e la gestione di questi terreni per una nuova agricoltura di montagna. Nei dintorni si riconoscono testimonianze antiche di alcune strutture murarie di impostazione megalitica, dentro le quali furono ritrovate nicchie e grotte a falsa cupola, simili a quelle di Varchignoli. Essi sono siti a monte di Viganella nelle località Caral, Piensc e Mutarel, così chiamate dalla gente del posto, e hanno un’estensione di 6540 m2 di riva montana e si snodano tra i 600 metri di quota fino a 660 metri. È sicuramente uno dei sistemi terrazzati più importanti in Valle Antrona, insieme a quello di Varchignoli.

Vi è un’importante presenza di terrazzamenti ancora oggi coltivati a vigneto grazie ad un progetto di riorganizzazione fondiaria che ha permesso l’unificazione e la gestione di questi terreni per una nuova agricoltura di montagna. Nei dintorni si riconoscono testimonianze antiche di alcune strutture murarie di impostazione megalitica, dentro le quali furono ritrovate nicchie e grotte a falsa cupola, simili a quelle di Varchignoli. Essi sono siti a monte di Viganella nelle località Caral, Piensc e Mutarel, così chiamate dalla gente del posto, e hanno un’estensione di 6540 m2 di riva montana e si snodano tra i 600 metri di quota fino a 660 metri. È sicuramente uno dei sistemi terrazzati più importanti in Valle Antrona, insieme a quello di Varchignoli.

Pietro e Madonna, che ospita un piccolo centro documentale sull’estrazione del minerale aurifero nelle miniere del vallone di Trivera; proseguendo si sale a Prabernardo e Locasca, una volta importante centro di lavorazione dell’oro, per poi deviare verso il borgo di Rovesca, famoso per il maestoso dipinto sulla facciata della chiesa di San Cristoforo. Da Rovesca il percorso conduce in poco tempo ad Antronapiana dove spiccano le cappelle della Via Crucis poste sul perimetro della vecchia chiesa distrutta dalla frana del 1642. Antronapiana sorge in una verde conca ove confluiscono i torrenti Loranco e Troncone, che danno origine all’Ovesca. Questo paese è ricco di storia e vanta tradizioni antiche e la cui economia si basava esclusivamente sulle attività silvo-pastorali; in seguito, si sviluppò fino a diventare il centro principale della valle.

 

VEDI ANCHE : VIA DELLA SEGALE E ANELLO DI VARCHIGNOLI

 

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AREE PROTETTE OSSOLA

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Informazioni

Difficoltà :

E

Dislivello :

1100 mt.

Sviluppo :

33 km.

Tempo totale ore +/-:

12

Traccia GPS:

Segnale telefonico:

Buono

Meteo:

T = Turistico

Itinerari su stradine, mulattiere o larghi sentieri, con percorsi non lunghi, ben evidenti e che non pongono incertezze o problemi di orientamento. Si svolgono di solito sotto i 2000 metri. Richiedono una certa conoscenza dell’ambiente montano e una preparazione fisica alla camminata.

 

E = Escursionistico

Itinerari che si volgono su terreni di ogni genere, oppure su evidenti tracce di passaggio in terreno vario (pascoli, detriti, pietraie), di solito con segnalazioni; possono esservi brevi tratti pianeggianti o lievemente inclinati di neve residua dove, in caso di caduta, la scivolata si arresta in breve spazio e senza pericoli. Si sviluppano a volte su terreni aperti, senza sentieri ma non problematici, sempre con segnalazioni adeguate. Possono svolgersi su pendii ripidi, dove tuttavia i tratti esposti sono in genere protetti o assicurati (cavi). Possono avere singoli passaggi, o tratti brevi su roccia, non esposti, non faticosi né impegnativi, grazie alla presenza di attrezzature (scalette, pioli, cavi) che però non necessitano l’uso di equipaggiamento specifico (imbragatura, moschettoni, ecc.). Richiedono un certo senso di orientamento, come pure una certa esperienza e conoscenza dell’ambiente alpino, allenamento alla camminata, oltre a calzature ed equipaggiamento adeguati. Costituiscono la grande maggioranza dei percorsi escursionistici sulle montagne italiane.

 

EE = Escursionisti Esperti

Si tratta di itinerari generalmente segnalati ma che implicano una capacità di muoversi su terreni particolari. Sentieri o tracce su terreno impervio e infido (pendii ripidi e/o scivolosi di erba, o misti di rocce ed erba, o di roccia e detriti). Terreno vario, a quote relativamente elevate (pietraie, brevi nevai non ripidi, pendii aperti senza punti di riferimento, ecc.). Tratti rocciosi, con lievi difficoltà tecniche (percorsi attrezzati, vie ferrate fra quelle di minore impegno). Rimangono invece esclusi i percorsi su ghiacciai, anche se pianeggianti e/o all’apparenza senza crepacci (perché il loro attraversamento richiederebbe l’uso della corda e della piccozza, nonché la conoscenza delle relative manovre di assicurazione. Necessitano: esperienza di montagna in generale e buona conoscenza dell’ambiente alpino; passo sicuro e assenza di vertigini; equipaggiamento, attrezzatura e preparazione fisica adeguate. Per i percorsi attrezzati è inoltre necessario conoscere l’uso dei dispositivi di autoassicurazione (moschettoni, dissipatore, imbragatura, cordini).

 

EEA = Escursionisti Esperti, con Attrezzature

Questa sigla si utilizza per certi percorsi attrezzati o vie ferrate, al fine di preavvertire l’escursionista che l’itinerario richiede l’uso dei dispositivi di autoassicurazione.

 

Fonte CAI

COME LEGGERE I DATI

 

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Per questo motivo il portale Open Trek non si assume nessuna responsabilità per danni o incidenti derivanti da informazioni non corrette, sbagliate o mal interpretate. Tutti i tempi e le descrizioni delle escursioni sono da considerarsi solo indicativi.

 

In particolar modo il tempo indicato per l'escursione può variare sensibilmente in base alla forma fisica ed al meteo.

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Cat. dislivello :

1000/1500 mt.

Cat. sviluppo :

oltre 20 km.

Cat. Tempo :

oltre 12 ore.